Da Jazz from italy
"Apollon
una fabbrica occupata", il film di Gregoretti girato in otto
giorni del 1969 in una tipografia romana, fu il secondo esperimento
di un nuovo cinema sociale teorizzato da Cesare Zavattini negli anni
’60.
Solo
un intellettuale atipico come Gregoretti avrebbe potuto girare un
documentario eccentrico, rispetto alla tendenza prevalentemente
militante di quegli anni, in quanto Apollon non è una registrazione
nuda e cruda degli avvenimenti, quanto una ricostruzione in forma
narrativa (oggi si direbbe fiction) sulla lotta operaia, sullo
sciopero e sull’inevitabile occupazione, durata più di un anno,
necessaria per salvare i posti di lavoro.
Gli
operai protagonisti del film furono impersonati dagli stessi operai
del Apollon, i dirigenti della fabbrica furono impersonati da alcuni
esponenti del PCI, la troupe volontaria ed improvvisata con, tra gli
altri, Giulietto Chiesa e Valerio Veltroni e la voce narrante di Gian Maria Volontè, a mio
parere il migliore attore del cinema italiano, sicuramente il più
impegnato e militante.
.
Un'avventura
umana, politica, artistica, sperimentale e d'avanguardia, e la
colonna sonora non poteva certo essere da meno.
Nel ’68 Mario Schiano era stato invitato alla sua seconda, e ultima, apparizione ufficiale alla RAI, grazie a Franco D’Andrea e nel frattempo il Gruppo Romano Free Jazz, nato al Folkstudio sul finire del 1966, subiva una trasformazione, ricomponendosi nello Schiano Trio con Franco Pecori e Bruno Tommaso. Molto attivo nel biennio ‘69/70, il trio aveva realizzato alcune instant soundtrack, improvvisazioni radicali mentre, alle spalle dei musicisti, scorrevano pellicole del cinema muto, tra cui due perle del cinema napoletano come ‘O Schiaffo, di Emanuele Rotondo – 1921 e Napule ca se ne va di Ubaldo M. Del Colle – 1926, oltre al celebre Fluxus Anthology – 1966.
“L’idea
di realizzare la colonna sonora in presa diretta di Apollon, nasce
probabilmente sulla scia di queste esperienze, ma anche della
rivoluzione sessantottina”,
racconta Schiano a Pierpaolo Faggiano nel suo libro/intervista del
2003. “Non ricordo se da
Gregoretti, dall’Agerfilm, o dal partito – il giro, comunque è
lo stesso – io e Marcello Melis riceviamo la proposta di realizzare
il commento sonoro. Si pone subito il problema del batterista. Melis
cercava batteristi che avessero un suono particolare e, secondo lui,
in Italia ce n’erano pochi. Dopo un po’ di ricerche, mi fa il
nome di Marco Cristofolini, un batterista girovago. Una specie di
fricchettone che se ne andava in giro con un camioncino decorato a
colori vivaci ed una gabbia con le galline vere sul tetto.
.
Così,
una sera d’inizio febbraio ci presentiamo negli studi
dell’Agerfilm. Dovevamo in pratica sonorizzare all’istante, sui
pezzi di pellicola, mentre il tecnico, alla fine di ogni bobina,
andava in cabina di montaggio e montava direttamente in ottico.
Cristofolini – che dopo questa esperienza non ho più rivisto e non
so oggi che cosa faccia – si era presentato in studio con una
quantità impressionante di tamburi di ogni dimensione, e tutti in
pessime condizioni. Ricordo che ci vollero un paio di ore per far
tendere le pelli, con l’aiuto di torce elettriche e candele. Alla
fine, i tamburi avevano tutti lo stesso suono, più o meno quello di
una scatola di scarpe vuota. Comunque fu un lavoro fatto bene,
soprattutto con passione. Di
grande rilevanza fu, però, il fatto che gli operai accettarono
entusiasticamente la musica. Se pensi che ancora oggi risulta ostica,
immagina cosa poteva essere quarant’anni fa… ma allora eravamo
molto più avanti di adesso…”
Il
docu-film di Gregoretti, insomma, è un raro esempio di riuscita
connessione tra produzione cinematografica e lotta sindacale,
oltre ad essere un valevole simbolo di distribuzione
alternativa. L’Apollon venne proiettato in tutta Italia, nelle
fabbriche occupate, nelle sezioni di partito, nelle sedi sindacali,
ma anche nelle piazze e negli ospedali. Fu visto da migliaia di
persone e, grazie alle libere sottoscrizioni, permise di raccogliere
oltre 60 milioni di lire a favore dei lavoratori. Il film ebbe anche
un rilievo internazionale attraverso il festival del documentario di
Lipsia e la proiezione in una manifestazione sul cinema contemporaneo
indipendente a New York.
I
cinegiornali di Zavattini volevano essere l’espressione di un nuovo
modo di concepire il cinema, democratico e alla portata di tutti,
anche se il sogno fu interrotto dopo sole nove produzioni.
Il
Jazz italiano degli albori, invece, entrava nelle vere vicende della
vita, rifiutando di rimanere tra le pieghe dello spettacolo, anche se
il sogno di oggi è quello di vincere un Top Jazz o di fare qualche
apparizione in televisione.
Secondo
voi, il futuro dell’Italia è nella forza dei suoi sogni o
nell’arretratezza delle proprie illusioni?
Cinegiornale
libero n. 2. Apollon, una fabbrica occupata (1969,
76’)
Regia: Ugo Gregoretti; speaker: Gian Maria Volonté; fotografia: Ferruccio Castronuovo, Renato Tafuri; montaggio: Mario Salvatore, Gianni Scorzelli; realizzazione: Unitelefilm; produzione: Cinegiornali Liberi, Collettivo Apollon;
Regia: Ugo Gregoretti; speaker: Gian Maria Volonté; fotografia: Ferruccio Castronuovo, Renato Tafuri; montaggio: Mario Salvatore, Gianni Scorzelli; realizzazione: Unitelefilm; produzione: Cinegiornali Liberi, Collettivo Apollon;
Soundtrack:
Mario
Schiano : alto sax; Marcello Melis : bass; Marco Cristofolini :
percussion, wood flute
Rome,
Ager Film, one night between 4 and 9 February 1969
La
pellicola è stata restaurata nel 2003 dall'Archivio
audiovisivo del movimento operaio e democratico,
a cura di Guido Albonetti, ed è reperibile presso l'archivio
Ottimo pezzo. Film raro e poco citato
RispondiElimina